Fernando Bianchi, nella sua
Illustrazione Storica della nobil
terra di San Giovanni
Valdarno (1879), racconta che
sin dal 1357, per ordine della
Repubblica di Firenze, la
famiglia Bianchi Bonavita
portò l’arte della lana a Castel
San Giovanni e con documenti
prova che una donna col
nome di Tancia fosse
coniugata ad un Bianchi
Bonavita, dalla quale unione
nacque Francesco, padre di
Lorenzo. Secondo Luigi
Gravina (Santuario-basilica di
N.S.delle Grazie in San
Giovanni Valdarno, Casa
Editrice L. Gravina, 1940) il
piccolo Lorenzo ”crebbe
devotamente e, fatto adulto,
vestì l’abito di S.Francesco
sotto il nome di Frate Egidio”.
Il miracolo del latte è il nome che un tempo veniva dato al miracolo di Monna
Tancia, una vecchia donna di 75 anni che nel 1479 rimase sola con il nipote Lorenzo
ancora in fasce a causa della peste che in quegli anni colpiva Castel San Giovanni
(l’attuale San Giovanni Valdarno) La donna si recò davanti all’immagine della Vergine
che si trovava dipinta sulla Porta di San Lorenzo pregandola di salvare il piccolo e le
sue preghiere furono esaudite: durante la notte Monna Tancia vide sgorgare dal
proprio seno il latte per sfamare il bambino.
La notizia del miracolo si diffuse rapidamente oltre l’ambito locale e in tanti vennero
per chiedere una grazia alla Madonna. Davanti alla porta di San Lorenzo fuono
portate panche e inginocchiatoi e dato che i fedeli erano sempre più numerosi fu
costruito prima un tabernacolo ligneo e poi una cappella sopraelevata. Infine, nel
1484 fu eretto un vero e proprio oratorio: La basilica di Santa Maria delle Grazie.
Per non spostare l’immagine miracolosa la chiesa fu edificata proprio sopra alla porta
di San Lorenzo, intorno all’affresco della Madonna rivolto verso l’esterno della porta.
Per questo motivo la basilica si estende fuori dalle mura del bastione che difendeva la
porta di san Lorenzo. Naturalmente i fedeli dovevano entrare dall’interno, così
l’orientamento della chiesa appare particolare e insolito, con i due ingressi laterali
sopraelevati sulla stessa linea dell’altare maggiore.
NOTE DELL’AUTORE
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La pieve di Gropina è un’antica chiesa romanica costruita su una preesistente
pieve longobarda, a sua volta costruita su una chiesa battesimale paleocristiana. Il
pulpito presente nella chiesa è stato sempre definito dai critici come un’opera di
“romanico grezzo”. Mario Bucci è stato il primo ad attribuirlo invece all’arte
longobarda (M.Bucci,Introduzione alla pittura e alla scultura in diocesi di Fiesole, in
Fiesole, una diocesi nella storia, Fiesole, Servizio Editoriale Fiesolano, 1986).
Carlo Fabbri sostiene che “il pulpito della pieve di Gropina fu recuperato dai resti
della chiesa longobarda al tempo della costruzione del nuovo e più grande edificio
romanico (….), rimontato e appoggiato ad una colonna all’interno della pieve
romanica”.
(La pieve di Gropina, arte e storia, Fiesole, ServizioEditoriale Fiesolano, 2005)
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